domenica 5 ottobre 2008

"Arrivederci, Csòkolom" - Un articolo di prossima pubblicazione


L’articolo, scritto da Lilla Emesz, una delle componenti del Coro “Szeráfi” di Pécs, sarà presto pubblicato sulla rivista universitaria “Hetedhéthatár"
(traduzione in italiano di Rita Tillai)

“Siamo molto lieti ed è un grande onore per noi poter cantare nel paese di Zoltán Kodály e Béla Bartók.” - questa è stata la prima frase di Luca Bonavia, direttore del Laboratorio Corale Cantar Storie di Domodossola, prima del concerto tenuto il 12 settembre nel Museo dell’Opera del Duomo. Il coro da camera a voci maschili arrivato dalla cittadina italiana ha trascorso 3 giorni a Pécs, ed è stato il primo incontro organizzato grazie a una relazione che ha ormai una storia di più decenni. I punti d’incrocio sono Zoltán Kodály e László Agócsy. E perché proprio a Pécs? Questa non è una domanda perché i due nomi, la mentalità dei due personaggi più importanti della storia della musica ungherese si intrecciano profondamente con la città di Pécs. Il complesso di Luca Bonavia ha cantato un’opera rielaborata da Lajos Bárdos proprio nella città dove è nato il famoso “metodo di Kodály” e, forse possiamo chiamarlo anche così, di Agócsy, e da dove é partito il movimento “Gioventù Cantante”.
Le origini di questa relazione risalgono a un discorso tenuto negli anni Sessanta dal professor Agócsy sulla pedagogia di Kodály. La risolutezza e la passione del professore per la musica corale colpirono Giovanni Mangione, professore di musica di Firenze che portò con sé il metodo ungherese per l’insegnamento della musica e lo trapiantò anche a Firenze, capitale della cultura italiana. Più tardi fondò anche il Centro Kodály, dal quale influsso vennero fondate le Associazioni Kodály anche all’estero. Anche l’associazione di Domodossola che nelle valli vicine raccoglie, cataloga ed elabora i canti tradizionali secondo i metodi di Kodály e Bárdos, fa parte dell’associazione fiorentina. Un anno fa la vedova del professor Mangione ed Erika Agócsy, figlia di László Agócsy tentarono di ravvivare il rapporto con Pécs, scrivendosi alcune lettere e chiedendo a Ernő Nagy, maestro del Coro Szeráfi di ospitare il coro italiano, iniziando così una relazione di gemellaggio tra i due cori cui “lingua” comune è quella della musica.
È da menzionare che il Coro Szeráfi, coro della Chiesa dei Francescani di Pécs, è stato fondato nel 1929 da László Agócsy, ma la sua attività è stata interrotta negli anni Cinquanta per la dittatura dei comunisti ed è stata ripresa solo nel 1999 sotto la direzione di Ernő Nagy. I componenti del coro sono alcuni studenti del collegio e gli ex-alunni del maestro dei licei Széchenyi e Nagy Lajos, che si recano alla prova con entusiasmo ogni lunedì sera e collaborano nelle messe una volta al mese. Insomma, il coro che festeggerà l’anno prossimo il decimo anniversario della sua ricostruzione si é messo in contatto con il Laboratorio Corale Cantar Storie di Domodossola e dopo più mesi di organizzazione e corrispondenza l’ha ospitato a Pécs tra il 12 e il 14 settembre.
Il complesso è arrivato a Pécs venerdì pomeriggio e ha subito allietato gli abitanti della città con un concerto tenuto nel Museo dell’Opera del Duomo.
Il pubblico ha ascoltato con attenzione e sorriso sincero il loro canto pieno di gioia di vivere. Abbiamo avuto la possibilità di ascoltare una serie di elaborazioni del direttore Luca Bonavia e del musicista Paolo Bon, e anche una composizione di Lajos Bárdos. “Vola, vola...” - così cantano i 13 componenti del coro, uomini fatti e ragazzi più giovani. Cantano all’italiana, in modo omogeneo e con sentimenti profondi nei loro occhi, come se conoscessero tutta la spiritualità della musica popolare ungherese. Cantava anche la loro anima... In seguito abbiamo visto rappresentazioni ricche di elementi teatrali... sì, questo era già uno spettacolo vero e proprio! Lo sapevi, caro lettore, che si può cantare anche con la parola? Infatti, loro cantavano con le parole, con il fischio, cantavano in ogni modo come si può cantare: con serietà, con umore... con vita!
La cena consumata insieme ha offerto la possibilità ai membri dei due cori di cantare insieme e di conoscersi meglio. Visto che si tratta di italiani, tutta la serata era caratterizzata da un’atmosfera allegra e vivace. Quando invece abbiamo cantato insieme l’elaborazione di una canzone popolare ungherese composta da Bárdos, ci sentivamo tutti un po’ commossi...
Sabato, dopo la visita dei monumenti della città, è seguito il concerto al Festival di Harkány, con grande successo ma in fretta perché alle 17 i fedeli aspettavano già la partecipazione del coro italiano alla messa. Nella Chiesa dei Francescani i due cori hanno cantato insieme le parti della liturgia. Anche il ragazzo che faceva il chierichetto era italiano: ha 12 anni ma sa già tutto sull’Ungheria e parla più lingue. Nell’acustica perfetta i fedeli hanno ascoltato con anima commossa le armonie bellissime del coro italiano che li faceva dilettare con un piccolo concerto improvizzato anche dopo la messa.
La cena di sabato sera era una conclusione degna dei due giorni passati insieme. I componenti del Coro Szeráfi, nonostante le condizioni economiche modeste, hanno apparecchiato il tavolo con grande cura, portando piatti deliziosi preparati a casa: vari tipi di carne e insalata, frutti, dolci, torte, ecc. che piacevano molto agli italiani. Qui vorrei ricordare il nome di Péter Vass, direttore del Collegium Seraphicum che con il suo appoggio finanziario ha aiutato il coro nel far conoscere agli amici italiani la cucina ungherese. Anche questa serata ci siamo divertiti bene insieme, mangiando e cantando anche l’inno italiano, ungherese e quello della Transilvania. Poiché gli italiani dovevano alzarsi presto per partire a Budapest i due cori si sono congedati alle 23 con la speranza di rivedersi ancora... Arrivederci a Domodossola, ciao, o come gli italiani hanno salutato le donne con un largo sorriso: “Csókolom, csókolom!” (Lilla Emesz)

Nessun commento: